WhitePage: una storia di Branding

Abbiamo chiuso recentemente un nuovo progetto di re-branding. Ci è stato chiesto di reinventare naming e logo di un'agenzia di eventi.

Ci piacerebbe compartecipare con voi la storia che ci ha portato alla sua nuova veste.

INCIPIT

Partiamo da un minimo di storia: Rosa D'eventi (questo il nome della “vecchia” agenzia) è una piccola realtà del territorio bresciano. Nata per passione, ma sviluppatasi poi con rapidità, è una creatura che si è velocemente evoluta. Dall'organizzazione più marcatamente matrimoniale, si è poi specializzata in eventi a 360°. Il mercato, però, in dieci anni si è modificato in modo tangibile. Ora la richiesta di eventi che devono affrontare quotidianamente è molto più verticale: sono eventi spesso business (congressi, conferenze, meeting...), con una clientela dal profilo certamente più alto (professori, manager...) e con un chiaro respiro estero. Si parla spesso russo, si parla sempre inglese. Questa serie di concause ha spinto la loro intraprendente manager a chiedersi se “Rosa D'eventi” avesse ancora senso, sia in termini di naming che in termini di logo design.

Ecco il logo design da cui siamo partiti.

 

È certamente un cliente vulcanico e creativo e ciò si percepisce sin dalle prime mail e dalle telefonate esplorative. Rosa D'Eventi è di sua esclusiva proprietà. Tutto il lavoro realizzato, tutto il sudore speso, tutta la fatica di arrivare sino a questo punto grava in modo personale su di lei. Cambiare, modificarsi, ripensarsi è uno sforzo quasi doloroso. Il fatto stesso di decidere con un altro è un passo davvero molto difficile.

Parole come “paura”, “sbaglio”, “errore” ricorrono spesso nei nostri scambi di opinione. Una certa sensibilità creativa rende l'approccio ancora più complesso, perché anche lato design il cliente ha molto da dire e quasi mai a sproposito.

 

SVILUPPO

La fase di naming è stata tutt'altro che agile. Se allarghiamo lo spettro delle parole utili per il nostro scopo anche all'inglese...le opzioni si moltiplicano. Ma, come spesso capita, sono opzioni già vagliate da altri, visto che è un mercato davvero vasto. Il naming non solo deve essere “nuovo”, ma anche differenziante e con possibilità di domini web, puliti e ovviamente liberi. Una serie di difficoltà che si sommano.

Cercare qualcosa di immediato e di subito riconducibile al business è poi anche più complesso. Parole come “event”, “planing”, “agenda”, “option”, “meet”, “order” e derivati non offrono spunti differenziati abbastanza forti, o offrono spunti che necessiterebbero di aggiustamenti pesanti e che renderebbero la lettura troppo complessa o cerebrale.

Cerchiamo sempre l'immediatezza, oltre che un buon concetto.

Il problema è che dovevamo smarcarci dal terreno di gioco dei competitor in termini di posizionamento e naming, che dovevamo evitare uno scontro diretto in termini di lessico e simbologia. Dovevamo “alzare” il concetto.

E per farlo necessitavamo di qualcosa che andasse oltre la mera scelta di parole che gravitano naturalmente attorno agli “eventi”, le “fiere”, i “meeting”.

Cercavamo il pensiero laterale.

Ed ecco la soluzione:

WHITE PAGE

La pagina bianca. Parlando con il cliente, in più di un'occasione è apparso chiaro come parte del suo lavoro sia quello di mettersi totalmente al servizio del committente, di diventare un vero e proprio strumento per plasmare ciò che il committente desidera.

“Essere una pagina bianca”, insomma.

Non si tratta solamente di “vendere” un evento, di “confezionare” un meeting, di “organizzare” una fiera. Quello lo fanno tutti (gli altri). Spostiamo l'attenzione sulla disponibilità ad essere quella pagina bianca su cui lasciare ogni desiderio e ogni bisogno.

Spostiamo l'attenzione dall'essere un fornitore, a diventare un consulente. Alziamo in concetto in modo molto netto.

 

LA SOLUZIONE

Il naming convince il cliente quasi subito, la storia che riusciamo a sviluppare attorno a questo nuovo brand sembra stabile, ma manca l'atterraggio grafico.

Come chiudere il cerchio sulla “white page” senza risultare banali?

Anche in questo giro di creatività incontriamo parecchi ostacoli: il cliente è soddisfatto del naming, ma per il logo cerca qualcosa di ancora più raffinato. Niente pagine. Niente libri. Niente “lettere”. Cerca qualcosa di ancora più alto. “Vorrei spiccare il volo rispetto a tutti gli altri”, ci dice.

Come potevamo “spiccare” questo volo, se era ormai assodato che il naming scelto era “white page”?

Non avrebbe potuto dirci prima che desiderava spiccare il volo in modo quasi letterale? Avremmo trovato soluzioni... poi l'illuminazione.

Qual è l'unica occasione in cui un foglio di carta, spicca il volo in modo raffinato?

L'origami.

 

 

Prime prove, sempre su carta

Tutti i puntini che avevamo messo insieme con il cliente si uniscono magicamente, tutto torna a una correttezza formale senza sbavature.

L'origami è letteralmente un foglio di carta che ha spiccato il volo, e, calandolo nella metafora, è la storia di un evento che si è finalmente liberata della sua bi-dimensionalità.

Maggiore dettaglio per l'origami, partendo sempre dal disegno a matita.

 

Non è banale come un areoplanino di carta (che per altro ci porta nel mondo del messaging) e ci permette di ancorarci ad un humus simbolico fortissimo. L'origami parla da solo di raffinatezza, di ordine, di precisione. Tutte qualità fondamentali per un organizzatore di eventi. E lo fa con un linguaggio trasversale, comprensibile ovunque.

 

Ed ecco il logo nella sua declinazione finale.

 

Entrando più nel dettaglio grafico, l'origami da solo (che per forza di cosa deve essere bianco) avrebbe avuto un impatto fortissimo su fondini colorati, ma avrebbe avuto difficoltà sul fondo bianco. Evitiamo ombre pesanti per allontanare il segno dal background, per due ragioni:

1) Stile. Pulizia a tutti i costi!

2) Stampa. Spesso l'ombreggiatura crea abettazioni in fase di stampa

Ecco perché si è studiata una soluzione che veda l'origami sempre su fondo colorato. Una sorta di ying-yang bicolore, spezzato, quindi non un semplice cerchio colorato a metà. Questo per aggiungere movimento, dinamismo e una certa modernità grafica.

I colori sono scelta del cliente, in quando hanno per lui un'importanza irrinunciabile. Anche in questo senso, le molteplici prove colore si sono infrante tutte su una convinzione radicata (e alla fine comunque molto gradevole) contro la quale non potevamo nulla.

Declinazione colore su background nero. È stata realizzata sia per bianco che per magenta ovvero di tutti i relativi presenti nel logo.

 

Qui la scelta del carattere istituzionale.

 

Vi presentiamo anche lo studio delle simmetrie realizzato per l'origami: cercavamo una certa geometria anche nello studio degli spazi. Le tangenti esterne permettono di iscrivere tutto il progetto in un immaginario quadrato, in modo da avere distanze e misure omogenee. Questo tipo di lavorazione può essere utile sia in fase a monte per "creare" l'oggetto, sia in fase a valle per capire se determinate proporzioni o spazi siano stati rispettati ovunque.

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI DA PORTARCI A CASA?

- Come al solito, ASCOLTIAMOCI. Che il cliente ascolti l'agenzia e che l'agenzia ascolti il cliente. Solo da un rapporto di reciproco interesse può nascere qualcosa di buono. Essere gelosi delle proprie intuizioni (grafiche o meno), non aiuta la nascita di nuovi spazi creativi.

- Quando parliamo di logo design, non si tratta solo di disegnare un segno. Si tratta di trasporre una storia (anche complessa) in un simbolismo coerente e differenziante nel panorama competitivo. In questo caso specifico, non si trattava SOLO di eventi, o SOLO di fiere. Dovevamo uscire dalla dialettica condivisa, per trovare nuovi spazi di manovra che creassero poi nuovi agganci creativi.

- Partiamo dal colore? Partiamo dalla font? Partiamo dal segno? Lasciate stare. Tutte queste sono false partenze. L'unica vera partenza è dal concetto. Solo dal concetto possiamo trarre l'avvio migliore. Che poi si traduca in un colore, in una font o in un segno particolare è solo un di cui. Le domande che vi dovete fare all'inizio sono altre e raramente toccano il logo nelle sue parti “tecniche”.

- Cercare il pensiero laterale. Non sempre ci riesce, non sempre è l'obiettivo del lavoro finale. Ma dovrebbe essere sempre l'obiettivo di chi crea una nuovo brand o, più nello specifico, un nuovo logo. Dobbiamo sforzarci nella ricerca di nuovi punti di vista, di nuovi atterraggi creativi. Non possiamo accontentarci. Almeno all'inizio. Lo scopo è evolvere la nostra base di partenza e di conseguenza la base di partenza del cliente. Se la strada poi si stringerà per esigenze diverse, non sarà un problema. Ma dobbiamo sforzarci di superare le codifiche visive/concettuali che sono consolidate in noi e non solo in noi. O non usciremo mai dalla mediocrità.

 

Chi è White Page, speriamo di essere riusciti a trasmetterlo. Se necessitate di eventi dal sapore diverso, organizzati da chi, con passione, fa questo mestiere da anni....non esitate a contattarli.